Sunday 2 March 2014

There's a beauty in slamming doors





[Nedmore Town, Marzo 2516] 

Puoi lasciarti i ricordi dietro solo quando li lasci in mani sicure. E quando hai lasciato i ricordi dietro, puoi guardare avanti. O quantomeno di lato. E' importante viaggiare senza paraocchi, in questa vita.


-  Marshall Lee dice che nel mio cuore ho un sacco di stanze, come i bordelli. La tua stanza resterà vuota, avrò un buco nel cervello, tu avrai un cimitero.
- Marshall Lee medico di bordo forse ha ragione, forse il tuo cuore metaforico ha molte stanze. Ma non come i bordelli, perchè io ti conosco Moloko Cortès, e non c'è nessuno che può affittare stanze nel tuo cuore metaforico. Le stanze sono più come quelle di una Firefly. Ogni stanza ha una funzione. C'è la sickbay, e c'è il cockpit, e c'è la sala macchine. Questa è una metafora.
- Però se io ti lascio andare, tu devi trovare Andre, ma devi ritrovare anche Spartaca. Se ti nascondi da casa tua non potrai mai avere una casa da nessun'altra parte.
- Certo che tornerò a Spartaca, Moloko Cortès.  Quando avremo vinto la guerra e avremo riconquistato quello che era nostro, come anche Richleaf e Shadetrack. Ti spiegherò per lettera il mio piano. 
- Le stelle non stanno mai vicine ci hai mai fatto caso? Guardale... è il destino nostro, sparpagliarci per tutta la galassia. Andrè, Renee, Moloko e Mordecai... Sembrano un sacco vicine viste da qua sotto.
Puoi usare il fazzoletto di seta per asciugare l'eventuale muco che impiegherai per esternare le tue emozioni, adesso.
 - Piangerai prima tu.

*


[Shadetrack, Aprile 2516]


Una nuvola di polvere si alza intorno ad un Greenfield Wild sfiancato da settimane di viaggio, mentre frena la sua corsa davanti alla fontana nella piazza centrale di Santa Teresa, pochi chilometri a nord di Sweet Waters. Mordecai Adler porta Helena sulla spalla ed ha i capelli scuri stretti in trecce fermate con perline. Indossa una camicia vittoriana il cui primo bottone è aperto, ed il sole ha colorato il viso di bronzo. Sta per aprire la bocca e chiedere se il santo è lì, quando sui gradini della chiesa di pietra e calce appare una figura alta e magra che nel sorriso sbilenco stringe un filo di paglia.


 Gli occhi azzurri si inchiodano sulla sua ombra, per risalirne lentamente il corpo, fino al viso. Allo stesso ritmo, il mondo le si arrampica lungo le vertebre, fino a colpirla seccamente dietro la nuca. André Vandoosler tira un ghigno un po' sfatto, ma non è la droga. Mordecai Adler scivola giù dalla sella, appoggiando i piedi a terra quasi senza fare rumore. Il vento ruba polvere alla strada. Helena lascia la spalla, spiccando il volo verso un cielo bruciato dal sole.



Friday 21 February 2014

Missing parts



I neon vibrano come panni sporchi di luce sopra le brande della sickbay. Colpi di elettricità intermittente si insinuano fra le palpebre, tracce di carbone sono ancora visibili intorno alle unghie, nonostante le sfregature maniacali sotto l'acqua bollente. La mano sottile stringe l'unica restante di Peter, il ragazzino il cui braccio è stato divorato dalle miniere. Peter dorme, la coscienza buttata a terra da una martellata di morfina. I capelli sono tornati rossi, dopo esser stati lavati. Intorno alle mascelle e sotto le narici porta un po' di barba. Non i ceppi castrati in partenza ogni mattina degli uomini maturi, ma i boccioli incerti di chi sta diventando un'altra persona. Adler passa il pollice lungo il suo mento, senza svegliarlo. Il braccio sinistro finisce in un moncone sotto il gomito, avvolto in fasce pulite. Peter ha voluto tenere la bandana di Moloko, gliel'hanno appesa ai piedi della branda. Non si chiede cosa stia sognando. Sa che Helena ne ha invaso il retro delle palpebre, appropriandosi del mondo scuro come il carbone che ne ha riempito ogni fottuto giorno dell'infanzia. Adler ricorda le storie degli operai di Safeport prima della guerra. La storia delle cinque dita. Dei pezzi mancanti. Degli storpi agli angoli di strada a mendicare. Per scavare, così come per aggrapparti alle miniere ti servono due mani. Non esiste calcolo più semplice. Peter continua a dormire, ignaro. Quando aprirà la porta dei sogni verso la realtà, penserà di essersi sbagliato. Di essersi affacciato su un altro incubo.  E' così che la guerra continua, intorno a Polaris. Ogni giorno.

Un rumore improvviso squarcia la nebbia che ha avvolto la coscienza di Adler. E' Cortès, che barcolla oltre l'entrata della sickbay. La minispartiana si sfrega gli occhi pieni di sonno e si tira su dritta, senza mollare la mano di Peter. Osserva Cortès contare i passi.
"Quattro per tre... uno"
"Quattro per tre fa dodici, Moloko Cortès. Devi fidarti molto delle regole, soprattutto quando non hai tempo."
"..Fffuck."
Lascia la mano di Peter, gliela appoggia contro il cuore. Si avvicina a Moloko, tentando di prenderla per i gomiti come si tratterebbe un mulo scontroso.
"Devi esserti ferita alle miniere."
"Mhr... Cazzo dici Adler, mh? Ti sembro..."
"Seguimi."
Adler trascina Cortès verso l'unica branda libera - quella vicino all'uomo che ha salvato.
"Ti sembro ferita? Mh? Incinta... Ecco."
"Non sottolineare l'ovvio, Moloko Cortès. Non tutte le ferite sono superficiali e non tutte le ferite sono visibili, quindi adesso ti sdraierai e poi ti faremo una rapida visita."
"Ti dico io cosa visitiamo. Visitiamo l'Hydra, mh? E' ancora ap...bhw..."
"Molto bene, Moloko Cortès"
Le carezza il collo e lo spazio piatto fra le scapole.
"Se espelli le sostanze dannose adesso ti sentirai molto meglio domani"
"Cosa? Intendi che devo sputare fuori 'sto scricciolo adesso?"
"Non il feto, Moloko Cortès. L'alcol."
"Mh... Fuck."
Cortès si gira sulla schiena e fissa la luce allucinante del neon.
"Ora chiudi gli occhi."
Adler appoggia una mano sulla fronte della 'Leafer, poi sul suo ventre.
"Succedono molte cose terribili spesso alle persone e tutto è molto casuale ma una tattica molto importante per sopravvivere è di non innamorarsi di tutto il mondo ma solo di qualcuno. Se concentri le tue energie affettive su pochi elementi riduci il rischio di effetti collaterali, Moloko Cortès"
"...?"
"Avere un figlio significa concentrare molto affetto, Moloko Cortès. Pensa a quello".
"..."
"Tre per otto?"
"..."

Cortès Dorme. Adler ne carezza la fronte fradicia di sudore e vomito in silenzio, ma lo sguardo è fisso su Peter Kelly, il ragazzino di diciotto anni già senza futuro. La tattica molto importante è non innamorarsi di tutti.

Friday 7 February 2014

In a different time




In un’altra epoca saremmo stati liberi. In un’altra epoca, ci saremmo innamorati. Avremmo avuto figli, avremmo litigato per le cose più banali. Ci saremmo incoronati a vicenda con spine invisibili ed avremmo proclamato fede nell’infinito. L’universo non è infinito. Non oggi. L’universo è pieno di frontiere più solide delle pareti di questa nave. E’ facile affondare.

[Safeport, febbraio 2516]

Non ci sono macchinari a monitorare l’attività cerebrale, o cardiaca. Quattro volte al giorno passano con uno specchietto. Il respiro opaco sulla superficie lucida è un segno di vita sufficiente. Adam Clarke si alza stancamente dalla sedia, sente le giunture cigolare in protesta. Si sporge sopra il corpo della ragazza minuta i cui capelli raggiungono ormai la base del collo. Capelli scuri come la terra che hanno perso: ha tagliato via le strane punte ossigenate. Ogni sera la pettina, la lava, le parla. A volte si limita ad accendere le cortex news, ma la maggior parte delle volte il cuore gli si stringe dopo un servizio o due, costringendolo a spegnere. E’ una gelida sera di febbraio, a Safeport. La ragazza minuta e senza nome l’ha seguito come una maledizione, di campo in campo, fino all’infermeria. Fino alla sconfitta. Quando è stata consegnata alle sue cure qualcuno era già riuscito a perderne la targhetta militare. Adam passa le dita fra i capelli della sua paziente più fedele. Ha smesso di chiedersi se si sveglierà, un giorno. Ne studia i tatuaggi sul braccio, sorride senza convinzione. Si ricorda di tutte le volte che ha preso i fondelli il fratello Jack per essersi tatuato il nome sulla schiena. Sulla schiena, la ragazza ha solo un’aquila. E’ diventata l’aquila dormiente dell’infermeria.

Qualcuno chiama il sergente medico Clarke dal corridoio. “Second!” ringhia l’infermiere fra i denti, coprendo il corpo della paziente con una coperta di lana in più. E’ quando fa per girarsi che un movimento insignificante della mano della paziente lo fa sobbalzare. L’attenzione si fionda sui suoi occhi. Non ne ha mai visto il colore. La ragazza minuta digrigna i denti aprendo le palpebre, nemmeno stesse sollevando una saracinesca di piombo. Sfuocato davanti a lei ondeggia un infermiere sulla trentina, scuro, impietrito.
“…Hm.”
“Hey. Hey, piano. Non ti affaticare. Sei nell’infermeria di Safeport, sei al sicuro.”
“…Hm.”
“Sono qui con te.”
Adam Clarke prende la mano della ragazza, ritrova una vecchia amica dentro una crisalide spezzata. Adam Clarke imparerà che non bisognerebbe mai innamorarsi di chi non si conosce.
“Ti ricordi il tuo nome?”
Le pupille si restringono, gli occhi si aprono con una fierezza rapace. Come se l’intera anima fosse stata catapultata nel corpo tutto d’un colpo, centrandolo perfettamente.
“Certo che mi ricordo. Abbiamo vinto la guerra?”

In un’altra epoca, avremmo mentito. Ma arrivi alla fine di un periodo così, che non ti restano nemmeno le bugie in tasca. Non hai più niente da dare.