Sunday 28 July 2013

Go your own way

 

Helena, Spartaca, luglio 2515

Tennessee Miller trascina le stampelle nella sabbia della strada. Le appoggia, facendo forza sulle spalle stanche, si solleva, trascina l'unico piede nella sabbia. Lo appoggia, cercando l'equilibrio. E trascina le stampelle nella sabbia della strada. I cancelli di Villa Adler si avvicinano con una lentezza frustrante. Le pareti, una volta squadrate e pulite, sono state rosicchiate dai proiettili, e il nero sudato dalla pietra durante l'incendio del '09 non è mai stato scrostato. Il ferro dei cancelli è arrugginito, il giardino assomiglia ogni anno di più al Takla Makan.

La porta si apre bruscamente, ma lo spiraglio è limitato, frenato dalla catenina all'interno. Gli occhi liquidi di Tennessee si alzano sullo spettro nel buio nella casa. Clara Adler gli sta dritta davanti. Le rughe sembrano canali per la durezza, la severità non è caduta così in basso quanto le spalle, che sopportano male il peso degli anni. I capelli bianchi sono raccolti sulla nuca, a tirare indietro la pelle delle tempie e della fronte. Con il sospiro tipico di chi si è arreso secoli fa, sgancia la catenina senza salutare, e si sposta indietro seguendo l'arco tracciato dalla porta lungo il suo perno. Tennesse avanza con la tenacia dei portatori di fiaccole nella tempesta.
-She home?
Le labbra di Clara sono percorse da un guizzo ispido, freddo.
-Where else should she be?
L'uomo appoggia le stampelle sullo stipite, e si solleva dentro la villa. Appoggia il piede, cerca l'equilibrio, appoggia le stampelle. Inspira l'odore che impregna l'aria, le pareti i mobili. Socchiude gli occhi.


Helena, Spartaca, agosto 2502


-Siamo morti. Siamo morti. Anzi, torturati e morti.
Tennessee, 16 anni, si regge la testa mentre barcolla dietro a Mordecai mentre la notte ancora cerca di tenere nascoste le loro misfatte. Ma l'alba lampeggia pericolosa all'orizzonte, scivolando innamorata sul profilo di Atacama.
-Shhht.
Lo zittisce Mordecai. Indica la porta principale. Si guardano, le teste ancora zuppe di sputo di falco.
Miller ride. Ride di gusto, mentre scuote la testa.
-Si entra sempre dall'ingresso principale, e si accettano sempre le conseguenze..Tennessee Miller.
Il fiato spezzato di Mordecai risveglia fra le dita del ragazzo l'irresistibile bisogno di passargliele sulla nuca, fra i capelli corti e le piume rovinate. Avvicina il viso al suo, ansimandole fra le labbra vapore d'alcol. Ne spinge le scapole contro il legno sontuoso dell'ingresso, mentre la mano della ragazzina cerca la chiave nella tasca. Le infila nella toppa, senza guardare. Gira. Lo scatto della serratura blocca ogni terribile intento di Miller. Schiudono la porta, sfilano gli anfibi pieni di sabbia ed avanzano in punta di piedi. Le facce portano ancora i segni neri della pittura da guerra, ed ogni scalino ha una terribile tendenza a sdoppiarsi, quando i piedi cercano di tenerli al loro posto per salirvi. La scalinata sembra eterna. Il tappeto, il legno, la pietra e le pareti hanno orchestrato una sinfonia di odori che mozza il fiato e catapulta la mente nel grembo dei grandi saggi e delle leggi incise sulla pietra. Non è odore di casa. E' odore di Spartaca.

Almost Home, Bullfinch, Luglio 2515


-Cinque per due?
-Dieci.
-Cinque per tre?
-Quindici.
-Cinque per quattro?
-Kay, sono le sei del mattino e siamo sverse e...
-La risposta esatta è venti.
Sono nascoste dalle coperte, perché la lana isola il rumore ed i mugolii spassionati di Moloko quando ridacchia, e le istruzioni severe ma parecchio trascinate di Adler. Ai loro piedi, nascosti anche loro, Anchorage ed Argo dormono pacificamente. 
-Devi smettere di contare uno ad uno, Moloko Cortes. Devi fidarti delle regole.
Il sorriso spaccato della solo rivela qualche dubbio in merito. L'odore di cane e di stoffa calda e di respiro umano e di alcol è pesante, viene ingoiato a cucchiaiate sui cui bisogna soffiare sopra, come la zuppa bollente. Mordecai si zittisce, ruota la nuca indietro, la faccia direttamente nella coperta, come se indossasse una maschera magica. Respira dentro le fibre, tirandosi la lana contro le narici. Non ha mai sentito un odore così forte.

Helena, Spartaca, luglio 2515

Tennessee Miller apre la porta con cautela. Si trascina verso la grande finestra, che rilascia sulla stanza un oceano di luce opaca. Le tende non sono state smontate dalla guerra: sono state tirate giù dalla disperazione. La figura in profilo sulla sedia a rotelle sembra una statua malpiazzata. Ruota la testa verso di lui lentamente. Un crepaccio grigiastro divide le labbra in un sorriso instabile. La voce dolcissima si arrampica a fatica fuori dalla gola
-Tennessee.
-Miss Adler..
-Stella. Ti prego, Stella.
Ogni tensione sul volto dell'uomo sembra allentarsi. Si ferma a pochi passi da lei. Le spalle sono muscolose, mantenute compatte dallo sforzo di doversi tirare dietro il resto del corpo. Ogni giorno, da quando una delle sue fondamenta è rimasta a marcire in una trincea di Serenity. 
-Siediti.
Mormora Stella, indicando una delle sedie di legno che circondano il tavolo annerito. Tennessee molla le stampelle, s'appoggia alla sedia e se la trascina contro, crollandovi sopra. Quindi cerca di portarsi più vicino alla donna. Gli occhi chiarissimi di lei lo fissano, scivolano sul suo volto carichi di una tristezza che non riesce a spacciarsi per amore.
-Sei ancora così bello.
Scuote il capo, i capelli biondi che ne seguono il volto spettrale in onde dorate. Di ciò che è nascosto sotto lo spesso scialle di lana nera, si intravede solo la punta di un ginocchio ossuto. La sua mano sottilissima scivola piano verso la gamba destra di Tennessee. O quel che ne resta. L'arto si interrompe una spanna prima della giuntura del ginocchio. Miller chiude gli occhi di nuovo, ingoiando il buio e la luce rosea, impertinente che le palpebre non riescono a catturare.

Saint Lucy, Serenity Valley, Hera, febbraio 2511

Vede le stelle. Sono milioni, e sono a portata di mano. Nitidamente a portata di mano. Ha la bocca spalancata, ma l'ultimo urlo è stato emesso molti minuti prima. Il volto è fradicio di sudore, la dose di morfina elargita è stata appena abbastanza potente da intaccarne la percezione della realtà. La figura che lo aggira di continuo si interrompe d'improvviso, e gira la testa verso di lui. Gli occhi di Mordecai Adler sono liquidi, lucidi, in tutta la loro impassibilità. Ne è certo, è sicuro di averla vista con laghi nelle orbite. 
-Fermo. Questo comporterà estremo dolore, Tennessee Williams. Perderai i sensi.
Il respiro affannato del soldato è instabile quanto il suo sguardo. Cerca appigli, ma non ne trova. La materia si agglomera, si scioglie, si unisce, trema. La mano del capitano Adler è ferma appena sopra il suo ginocchio. Il piede già nero, i petali di granata ancora conficcati nel polpaccio, nella caviglia. Uno al centro del ginocchio. La carne è stata operata con tenacia, separando i muscoli, i tendini. I nervi. Ma nessuna garza regge, il tamponamento è similie ad una fila di sacchi di sabbia a guardia di uno tsunami. Affonda la mano sulla sua pelle, un dito scivola contro la carne viva. La spalla inarcata, la destra scivola indietro. I denti della sega metallica tagliano la prima tacca dentro l'osso. Le galassie sono sempre piú vicine. Sono dentro il sangue.



Helena, Spartaca, agosto 2502

La luce di Columba è rosa, e li accarezza dolcemente. I corpi sparsi nel letto all'ultimo piano di Villa Adler cercano di riassumere il contenuto di ogni respiro con movimenti impercettibili. Le nocche di Tennessee scivolano sulla guancia di Mordecai, mentre respira l'odore del mattino gelido dalla finestra spalancata. Sorride al soffitto, il suo amico. Sfiora il profilo della ragazza con lo sguardo. Nella mano, stringe la loro catena. Sta per dire qualcosa di incredibilmente romantico e poetico, quando i passi nella scala tranciano il fiato ad entrambi. Gli occhi sgranati di Mordecai cacciano Tennessee sotto il letto, appena qualche millisecondo prima che Clara Adler spalanchi la porta senza bussare. Gli occhi grigi ed impassibli quanto quelli di Juste Montgomery la squadrano. Annusa l'aria, fissa la finestra spalancata. Non commenta.
-La macchina è pronta fra mezz'ora. La tua tunica è nell'armadio. Ripasseremo i canti stradafacendo.
Un cenno militare del mento, quindi sbatte la porta. Da sotto il materasso si espande una risata aperta, esausta.